Storia

Pagina del comune di Carbonara al Ticino riguardante la Storia

Carbonara è in luogo ameno sulla costiera che guarda la valle del Ticino, d’onde si domina gran parte della pianura Lombarda.
Latinamente Carbonaria Laumellorum, da carbonar, che, dice il Pollini, nel linguaggio del Ligure antico indicava fossi scavati per accogliervi lo scolo dei circostanti terreni, o da carbonaria, dal prepararvisi carbone con alberi che popolavano l’ampia foresta, di cui era quasi centro.
Il Capsoni scrive il vocabolo Carbonara sia voce comune a tutte le grandi selve e indichi esso l’ampia valle che le sta sotto, oppure anche l’antica professione generale dei suoi abitanti che, vivendoci in mezzo, non difettavano certo di piante a cui dare fuoco.
I cronisti del tempo scrivono che questo paese era compreso nella vastissima foresta detta Sylva Carbonaria, che si estendeva dal Terdoppio sino al Ticino e Po. D’altronde nei tempi indietro si sa della fitta vegetazione e boscaglia anche tra il Terdoppio e l’Agogna, e lo stesso tra Domo e Valeggio; quindi viene da presupporre – se ci fosse dato di stabilirlo – che la Carbonaria fosse zona o territorio in certo qual modo delimitato e circoscritto a causa di qualche evento, che poteva essere, per esempio, un incendio, od anche perché si produceva carbonella di legno intorno a quell’arca dove il nascente paese e prenderà la denominazione.
Riferendosi a una colonna miliare trovata a Pavia, dalle poche lettere che si vedevano, gli esperti hanno stimato detto reperto dovrebbe essere provenuto a suo tempo dalla località o territorio di Carbonara, ove monasteri pavesi avevano dei possedimenti e che si presume perciò appartenesse alla via Ticinum-Duriis-Laumellum (alcuni l’hanno collegata con Sommo, non tenendo conto che a quell’epoca – nel 150 d.C. circa – la viaria per Lomello passando per Zinasco non era ancora consolare).
Si ritiene quindi, essendo ormai indubitato, che il nome Carbonara fu assunto poi da una famiglia pavese che l’ebbe in feudo e ciò in opposizione all’opinione del Portalupi e del Tagliacarne, i quali stimano la famiglia Carbonara diede e non tolse il nome da questo paese.
Codesto territorio poteva cominciare da una parte da Gropello, terminando in ampio sabbione verso il Ticino, e dall’altra da Zinasco e Sommo.
In mezzo alla selva vi passava la strada militare che da Pavia portava a Domo, quindi a Lomello, e poi Vercelli e Torino.
Fu, sia negli antichi, che nei moderni tempi, luogo di passaggio di lutti gli eserciti che combatterono nel teatro compreso tra i due fiumi.
Delle origini della zona, una delle più antiche notizie dovrebbe essere data dal “Codice diplomatico Longobardo” dove al n° 22 si fa menzione di un diploma regio di Cuniperto (690 circa) non emesso a Pavia ma in curte Carbonaria che dovrebbe essere la Carbonara in questione, che similmente a Corte Olona (?) poteva avere il luogo (?) con circostante zona la prerogativa di Corte regia (così riporta S. Gasparri in “Storia di Pavia’ della Soc. Pavese Storia Patria, parte ?L’alto medioevo’, II voi. Pavia, 1987).
Il re Longobardo Rachis datava un suo diploma pubblicato dal Muratori ? da Curte Curbonaria, 5 agosto 747 ? ?Nel dicembre dell’anno 881 Risvinda, badessa del Monastero di S. Teodata o della Pusterla, ottenne due diplomi imperiali datati ad Mediolanum, nel primo dei quali, fra le altre cose, l’imperatore concede al suddetto monastero la facoltà di far tagliare per le occorrenti riparazioni legni e legnami nel bosco regio denominato Carbonuria’.
Da ambedue questi diplomi rilevasi questo nome al paese ed al vicino bosco essere di data si lontana da potersi supporre non fiorisse ancora la famiglia Carbonara.
L’imperatore Guido nell’anno 891 concesse l’uso della Sylva Carbonaria al monastero di S. Maria Teodata (o Teodote) di Pavia, ed un monastero di S. Maria, con annessovi ospedale, venne pure eretto poi in Carbonara stessa.
Infestata da lupi ed altre fiere era la Sylva Carbonaria; onde Berengario II, circa l’anno 960, ordinò agli abitanti dei prossimi paesi procurassero la distruzione di quei feroci animali, che rendevano difficile il tragitto per la via Cozia.

Da i più antichi estimi pavesi dell’anno 1228, fra le varie località lomelline che rientrano in detto anno si legge anche che “L’hospitale Carbonarie congios decem vini, quod ponil solidos scxaginta et modios quatuor sicalis, quam ponit libras quatuor.
Trad.: L’ospizio di Carbonara deve dare per la computa di dieci congi (libbre) di vino, sessanta soldi, e per quatrro moggia di segale (410 Kg.), quattro lire.
Nel comitato di Lomello, cedeste terre dovrebbero esser stato feudo della famiglia Carbonara di Pavia. Durante l’età Comunale il paese rimase isolato (allodiale), non avendo un feudatario locale.
Risulta quindi che Manfredino Beccaria di Grupello, con testamento del maggio 1397, lasciò in legato alle sue figlie Orietta e Agnese la possessione di Carbonara. Onde si rileva la potentissima famiglia Beccaria aver avuto forse anche giurisdizione feudale su Carbonara.
Nel 1446 il paese verrà in possesso dei fratelli Eustachi pavesi, per poi passare a un ramo dei Visconti nel 1530; quindi ai Lonati-Visconti Pietro Antonio nel 1693. Saranno sostituiti dai Malaspina-DelIa Chiesa A.M. di Bobbio nel 1768.
Intanto, dopo il 1750, tutto quello che era di spettanza già del monastero di S. Pietro in Ciel d’Oro di Pavia, per la riforma ordinata dall’imperatrice Maria Teresa d’Austria, passa all’Osped. S. Matteo della stessa città.
Probabilmente qui a Carbonara, sul ciglio della costa, negli spalti che fiancheggiano la strada che proviene da Sabbione, nel medioevo vi poteva essere, se non un castello, forse una rocca con relativa torretta d’avvistamento. Devastati dalle guerre, e dal tempo, saranno poi stati smantellati e il materiale usato per costruzioni civili.
Molti danni arrecarono dopo il 1500 i Francesi e gli Spagnoli in lotta per il possesso di Pavia.
Anche Carbonara con il suo territorio ha avuto sempre problemi e timori, questi portati dal Ticino che per sua natura con il suo corso tende verso questa.
Poi qui di fronte al Canarazzo (o Canarezzo) il Ticino, obbligato anche dall’argine, cambiò violentemente direzione curvando verso Pavia, permettendo così a Carbonara e ai cascinali limitrofi della valle di stare tranquilli.

Il fiume nei tempi passati, quando a causa delle piene straripava, correva impetuoso sotto costa creando danni e pericoli anche a Carbonara stessa.
Probabilmente già dal 1400 si fecero opere di arginatura per costringere il fiume nel suo alveo; ma si sa che nel 1600 e nel 1700 in alcuni casi gli arginelli preposti furono corrosi o sorpassati dalle acque. Per questo molti lavori di rafforzamento furono fatti eseguire dal marchese Carminali e l’ultima volta che si ebbe da lamentare la rottura dell’argine fu proprio vicino al Canarazzo nel 1917, che si riuscì però a limitarne in qualche modo i danni.
L’arginatura fu poi irrobustita e resa più sicura come si vede tuttora, così che i carbonaresi poterono finalmente ritenersi lontano da ogni pericolo.

Questo Comune per un certo periodo ha avuto sotto la sua giurisdizione anche Villanova d’Ardenghi e la località di Umido con il relativo mulino, ora passato sotto Zerbolò. Da rilevare, sempre in ambito territoriale, che quello di Carbonara sino ancora verso la fine del 1700 era chiuso verso il Ticino tra i territori di Zerbolò e S. Martino Siccomario.
Nel 1713 questo paese, come buona parte della Lomellina, da sotto il dominio Austriaco che era, passerà sotto il regno Sardo-Piemontese dei Savoia mentre il territorio a valle compreso la località di Campomaggiore, sarà dato in possesso ai Savoia solo nel 1738 e sarà unito al territorio di Carbonara (1743).

Da secoli vi era un porto in località S. Sofia nella sponda pavese, con un traghetto che trasbordava al di qua in Lornellina attraversando il Ticino in direzione della cascina Cantarana. Durante la dominazione Austriaca i traghetti, o ponti natanti, diventarono due: uno per il loro servizio e l’altro per uso dei Piemontesi. Vi era una regia dogana di secondo ordine con relativi carabinieri. Questi porti cessarono poi di funzionare al principio del 1800, cioè nel periodo napoleonico.
Quando nel 1805 Napoleone venne a Pavia, che faceva parte della Guardia d’onore di scorta c’era anche tale Luigi Piccioni di questo luogo.

In occasione dei moti insurrezionali del 1848 a Milano, i molti volontari provenienti dalla Lomellina e dal vercellese, erano dislocati qui a Carbona dove vi era il concentramento con i relativi ufficiali di Comando. Si distinse in questi frangenti come fervente patriota l’ing. Angelo Valvassori qui del posto.
Nel marzo del 1849, cioè nella prima guerra d’indipendenza, durante la battaglia di Cava Manara, a valle tra Limido e Cainpomaggiore era accanì pato un battaglione di fanteria piemontese. Nel 1858, come risulta da lettera della Presidenza del Consilio Piemontese, qui oravi un avamposto per con (rollare gli austriaci. Nell’aprile del 1859, all’inizio della seconda guerra d’in dipendenza, gli austriaci fissano nel paese il provvisorio lor quartier gencrale e arrestano, denunziato da una spia, il brigadiere dei carabinieri Garello, mentir altri due che erano con lui riescono a scappare.
Nel 1860 una figura di spicco sarà il carbonarese Giovanni Mai, patriota e garibaldino che coordinava gli arruolamenti dei volontari per la Sicilia.

Si può arguire che al toponimo Carbonara vi sarà aggiunto “al Ticino” quando nel 1865 fu distinta e definita la toponomastica e l’ordinamento dei Comuni.
In un fianco di un caseggiato nella via centrale si poteva ancora intravedere (anno 1982) la seguente scritta mussoliniana: “NON HO DIMENTICATO LO SQUADRISMO ARDIMENTOSO DI QUI DACCHÉ IN POCHI MESI STABILÌ LA SITUAZIONE POLITICA ED ELEVÒ II. POPOLO DELLA VOSTRA TERRA”.
Di fatti che interessano la fine dell’ultimo conflitto è da rilevare un attacco di cacciaombardieri alla stazioncina ferroviaria di Cava Carbonara lì vicina (nel 1944). Va fatto notare che questa stazione si trova in territorio di Sommo al confine con quello del sopradetto, ma è sempre servita per i pendolari carbonaresi.
Iò 26-4-1945 patrioti del luogo attaccano i! presidio tedesco del ponte di chiatte al Canarazzo riuscendo ad impedire la distruzione. Sarà smantellato qualche anno dopo.

In origine era un centro religioso monastico. Il primo impulso fu dato dall’eremita Sant’Aldo che nella Selva Carbonaria, insieme ad alcuni suoi confratelli, bonificando e pregando, trasse gli ultimi anni di sua vita.
Il popolo di questo paese avrebbe dedicato al santo eremita una cappella che si dice risalente al sec. VIII. Ma verso la fine del IX sec., le monache del monastero di S. Teodata (poi Teodote) di Pavia fanno costruire un monastero qui sul ciglio costiero, e da documenti probanti si viene a sapere che annesso al detto monastero vi era la chiesetta di Santa Maria e un hospitale, che pare fosse diretto da monaci armeni (Turchia), che oltre a curare in qualche modo gli infermi, dava ospitalità anche ai pellegrini e mendicanti.
Nel 1083 il monastero di S. Maria di Carbonarìa passa a far parte dei possessi del monastero di S. Croce in Mortara, ed era regolato dai canonici Agostiniani, avente primo preposto Gandolfo da Garlasco.
Nel 1134 viene confermato priorato dallo stesso monastero (detto priorato poi nel 1187 sarà intitolato a S. Vittore). In questo frattempo documenti parlano della lite tra il vescovo di Pavia e i canonici di S. Croce in Mortara per rivendicare i diritti del vescovado sulla chiesa di S. Maria e dell’annesso hospitale, lite che si protrarrà sino al 1226, quando papa Clemente IV derimerà la prolungata controversia a favore della Chiesa pavese.
Il Pollini deduce che vi doveva essere già una primitiva chiesa o cappella molto antica che sarebbe stata travolta durante le piene del Ticino quando scorreva sotto costa.
Alcune notizie (ma non sicure) dicono che la fondazione della chiesa appellata a S. Giovanni Apostolo risale al 1400, essendo curato don Battista de Valos gallius, e la curatia sarebbe stata composta da 20 fuochi (famiglie). I canonici Agostiniani dovevano celebrare la Messa tre volte alla settimana, ma non risulterà l’abbiano fatto completamente. Scrive il pavese don Malocchi, che allora le chiesa era sub tegulis, cioè senza volta, con il tetto senza l’intavolato, perciò una semplice cappella con l’altare dipinto sul fondo. Era nella posizione dell’attuale. In questi anni è nominata ancora come priorato, e presumibilmente i canonici mortariensi restarono in Carbonara sino al 1450 circa.
Dal 1481 gli Eustachi pavesi sono beneficiari dei beni della chiesa di Carbonara e dell’ospizio di S. Maria.
Nel 1524 il priorato, divenuto commenda, è unito a quello di S. Pietro in Ciel d’Oro di Pavia. Da questa data del monastero non si hanno più notizie.
Si sa che divenne proprietà dell’Ospedale S. Matteo di Pavia.
La parrocchia, dedicata a S. Giovanni Apostolo come Fattuale, sarebbe stata costituita all’inizio del 1600, ed era matrice di Villanova d’Ardenghi, di Sabbione, di Limido e Campomaggiore (le località di Limido con Caselle sono in territorio zerbolese, ma essendo più vicine a Carbonara sono ab antiquam aggregati a questa parrocchia).
Il patrono del paese è S. Giovanni Apostolo ed Evangelista, a scapito di S. Aldo eremita, ritornato al luogo di pertinenza solo mezzo secolo fa.
L’archivio parrocchiale incomincia dal 1610 (comprende anche registrazioni della già curatia di Villanova d’Ardenghi).
Tra il 1673 e il 1753 la chiesa fu ampliata da risultare a tre navate con facciata in stile neoclassico. Sarà ricostruito anche il campanile. Nel 1820 furono messe le nuove campane; ebbe a subire ristrutturazioni sino al 1839. Era di patronato laicale.
Nel 1877 fu consacrata dal vescovo di Vigevano. La chiesa si trova sulla via principale inframezzo ad altre costruzioni.
Nel 1922 fu in parte ancora soggetta a restauri e nel 1936 fu abbellita con decorazioni e affreschi dal pittore locale A. De Paoli.
Nel 1926 era stato aperto l’asilo infantile condotto inizialmente dalle RR. Suore di M. Bambina poi sostituite dalle suore Pianzoline di Mortara.
Il vecchio cimitero era nel sedime di fianco alla chiesa, dove poi diventerà il cortile dell’asilo. 11 nuovo cimitero è stato costruito nel 1830 spianando i declivi costieri, e fu ampliato poi nel 1884 e in questo secolo.
La parrocchia, già dipendente dalla vicaria di Cava Manara, nel 1972 passa sotto quella di Garlasco.

A sud di Carbonara negli anni ’60 è stato fatto un tronco di strada provinciale che taglia completamente fuori l’antica strada romana, cosicchè il paese si è urbanamente espanso e la quantità demografica resiste in luogo grazie a qualche piccolo impianto industriale nelle vicinanze e anche per la comodità di abitare dei molti pendolari per Pavia e Vigevano.
Eccellenti i prodotti agricoli con cui l’economia si basa; riso, frumento e mais hanno la predominanza. Di interesse sociale era la ‘Cooperativa Agricola

 

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Pagina aggiornata il 31/07/2023

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